È semplice a dirsi. Ma bisogna conoscere le regole che controllano il sistema editoriale.
Un libro, innanzitutto, è per la casa editrice un prodotto commerciale, come un pomodoro, un rotolo di carta igienica, un preservativo profumato, una supposta Eva/Q. L’opera deve vendere. E vende se l’autore è vendibile, in quanto conosciuto, meglio se famoso come il marchio di fabbrica appiccicato con un adesivo su una banana Ciquita Dieci e lode.
L’autore deve essere credibile, dare qualcosa, interessare, attirare l’attenzione, affascinare, dire qualcosa di nuovo, rompere gli schemi, rompere le palle.
L’autore deve avere un nome, se ha un nome può pubblicare anche cacca. La cacca sarà d’autore.
L’autore può anche non sapere scrivere. C’è chi gli scriverà i libri. Si chiamano ghostwriter, letteralmente scrittori fantasma che scrivono a pagamento per chi non sa scrivere. I fantasmi rinunciano al proprio nome e ai diritti d’autore. Basta che sia un nome dello spettacolo, della danza, del teatro, della pubblicità, della tv, del crimine organizzato. Un libro di un celebre ladro andrebbe a ruba.
Le case editrici ti prendono in considerazione se sei qualcuno, se puoi dare qualcosa, se gli assicuri vendita. Ma non è solo una questione di editori. Sono i consumatori, i lettori, che definiscono le regole il mercato.
Il libro una volta scritto è come un Ciccio Bello, una Coca Cola, un copertone, un maglione, una cravatta, un vestito, un lecca-lecca. Deve piacere, deve essere visto, deve far venire l’acquolina in bocca.
Un libro deve vendere. Solo vendere.
Saper scrivere i capolavori non è sufficiente. È accaduto a Giuseppe Tomasi di Lampedusa con il suo “Gattopardo”. In vita non ha graffiato. Il capolavoro è stato rifiutato senza mezzi termini. Solo dopo la morte dell’autore è stato pubblicato e da una grande casa editrice. Il “Gattopardo” è stato un successo che continua a vendere anche adesso non solo in Italia ma anche all’estero.
E allora traiamo un altro insegnamento, già bene evidenziato nel saggio umoristico “Ti tocca anche se ti tocchi”. Lo scrittore senza un nome vendibile ha ottime probabilità di essere preso in considerazione se muore. Se l’autore finisce di stare in vita può essere che farà il botto. Da morto l’artista si potrà vantare della propria arte. Il defunto scrittore ha una potenzialità enorme di essere pubblicato, specialmente se la morte è stata clamorosa ed ha attirato su di sé l’attenzione dei media.
La stessa regola vale se il potenziale scrittore si vanta è semplicemente accusato di essere l’autore della clamorosa morte di qualcun altro. Gli andranno dietro promettendoti contratti milionari per assicurarsi l’esclusiva delle sue memorie e delle sue verità.
È il personaggio che tira. E allora non c’è scampo. Per essere pubblicato, avere successo, essere comprato dai lettori in libreria, devi diventare un personaggio. Lo scrittore esordiente può cominciare a costruirsi miliardi di contatti su Facebook, sul blog personali, essere seguito con la bocca aperta da una marea di fan che aspettano il verbo per commentarlo e per fare a gara con il ditino del “Mi piace”.
Il novello scrittore può anche percorrere la strada della politica. Per il ruolo ricoperto, si trasforma automaticamente in personaggio pubblico. Se, dunque, sei un politico affermato, un ministro, la strada è spianata. Le porte del successo editoriale sono spalancate. Faranno ancora a gara per accaparrarsi i diritti di ciò che scrivi e organizzarti una presentazione.
Puoi anche essere un familiare di un personaggio importante su cui i giornali hanno puntato la loro penna o il loro obiettivo in quanto bona e con un bel fondoschiena.
Puoi pensare al tema del tuo libro: svelare un segreto, promettere guadagni facili altisonanti, indicare la via per vivere felici e in pace con se stessi, svelare i numeri di telefono di chi te la dà gratis.
La scorciatoia è rivolgersi a una piccolissima casa editrice e magari pagare per essere pubblicato. Ma come? È da un anno che mi rompo il fondo schiena per scrivere la mia opera e devo pure pagare l’editore per vederla cartacea? Ma senza di noi, si difendono le piccole case editrici, gli scrittori emergenti non avrebbero alcuna chance per emergere.
L’altra via è l’autopubblicazione. Ma che fatica poi autopromuoversi. Dovrai diventare autore, editore, promotore e consumatore di te stesso: “Comprate la mia opera che è meravigliosa, credetemi sulla parola. Oh quanto sono bello! Oh quanto sono bravo!”
L’altra via sono gli e-book, i libri elettronici acquistabili nelle librerie elettroniche. I tuoi libri saranno leggibili su supporti elettronici con le pagine che si girano con la forza del pensiero elettronico. Costano poco e hanno un mercato tutto da scoprire. Anche qui ti dovrai sbracciare per promuovere la tua opera e renderla visibile: “Compratela, è un capolavoro!”
L’altra via è lavorare in una casa editrice e convincere la propria persona a pubblicare la propria opera col rischio di essere rifiutati da se stessi.
Ma i libri interessano ancora? Con tanto materiale buttato su internet, i libri si leggono ancora? O si comprano come gadget, come regalo, come supporto rigido da far autografare al proprio divo di turno?
Fonte: www.raimondomoncada.blogspot.com
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