martedì 26 gennaio 2010

Buried, meglio morire da ridere


Buried. Ovvero sepolta, sepolta viva. E morire, o provare a morire, da vivi, lentamente, vedendo e provando la morte istante dopo istante, fino al punto in cui avviene il trapasso. Un’esperienza terrificante. Un incubo. Una visione da cattivi pensieri, da brutti sogni, da mal di stomaco. È invece l’originale e ardito soggetto di un film. Avete sentito bene, un film a tutti gli effetti diretto dal giovane regista spagnolo Rodrigo Cortés, sceneggiato da Chris Sparling e prodotto da Safran Company, Versus Entertainment.
Buried, con protagonista un solo attore (Ryan Reynolds), è stato presentato al Sundance Festival di Robert Redford riscuotendo un sorprendente successo di pubblico e di critica. Tutti meravigliati per un lavoro straordinariamente macabro, nato dall’esigenza di ridurre al minimo i costi di produzione, i costi per gli attori, i costi per il personale tecnico, i costi per la scenografia, i costi per gli effetti speciali, i costi per le luci, i costi per le location.
Il film si svolge senza illuminazione, al buio, all’interno di una bara, con l’unico attore che si fa luce con un accendino e col display di un cellulare. Sono 90 minuti mozzafiato, un’ora e mezza di suspance, un’eternità trascorsa con il nodo alla gola. Un film, ci riferiscono i critici, molto intenso nonostante la sua essenzialità e la sua povertà.
L’attore interpreta un americano, che sta lavorando come camionista in Iraq. Dopo che il suo convoglio è stato attaccato, Paul Conroy si ritrova sepolto vivo in una bara. Unici strumenti a sua disposizione saranno solamente una torcia elettrica e un cellulare. L’uomo a questo punto ingaggia una lotta contro il tempo per uscire dalla tomba, dalla sua trappola mortale.
Il film uscirà nelle sale statunitensi a partire dalla prossima primavera.
È già uscito, invece, per la Csa Editrice il libro umoristicamente mozzafiato “Ti tocca anche se ti tocchi” frutto della mente diabolica di Raimondo Moncada. Di morte non si piange, non si ha paura, non si hanno incubi, non si hanno palpitazioni. Si sorride soltanto e con momenti di profonda riflessione. Chissà cosa sarebbe cambiata la trama di Buried con il protagonista a trascorrere il tempo leggendo “Ti tocca anche se ti tocchi”? Il candidato a morte sarebbe morto dalle risate! E non per mancanza di ossigeno, per claustrofobia, per paura, per immobilità, per inesorabili ristrettezze spazio-temporali. L’idea era nell’aria. Ma la regia di Buried ha preferito non introdurre finali divertisticamente a sorpresa.

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