mercoledì 17 marzo 2010

Il cranio di Hirst sorride a Parigi


Un ilare teschio tempestato di diamanti. L'opera d'arte più costosa del mondo creata da Damien Hirst è una delle attrazioni luccicanti di un evento artistico che si sta svolgendo a Parigi. Al Musée Maillol, sino al 28 giugno, è aperta la mostra dal titolo “Vanitas. From Caravaggio to Damien Hirst”. Il tema conduttore dell’esposizione è la vanità, intesa come la natura transitoria della vita, fonte d’ispirazione di tanti artisti dai tempi dell’estro italiano di Caravaggio (grandiosa l'esposizione al Quirinale) alla contemporanea lucida follia dell’inglese Hirst per il quale la morte è vita da trattare con sorriso e creatività (lo stesso sottile filo conduttore che troviamo nel libro umoristico “Ti tocca anche se ti tocchi” dello scrittore Raimondo Moncada).
La mostra, curata da Claudio Strinati, attraversa più di tre secoli di storia dell'arte e tocca svariate correnti artistiche: dal barocco alla neo-pop art, dal post-impressionismo al surrealismo. Pitture, sculture, fotografie, video, oggetti, ci raccontano il rapporto degli artisti con la caducità delle cose terrene. Molte personalità presenti in Francia tra cui: Marina Abramovic, Jan Fabre, Cindy Sherman, Yan Pei Ming, Annette Message.
Si tratta di un evento unico che miscela sapientemente passato e presente: dall’immagine del famigerato teschio umano ricoperto di diamanti di Damien Hirst (For the love of God), a quelle delle performance di Marina Abramovic con gli scheletri caricati in spalla, dagli esempi contenuti nei mosaici pompeiani ai “memento mori” (ricordati che devi morire) presenti nella pittura del XVII secolo.
Continua, dunque, il tour internazionale del preziosissimo cranio di Damien Hirst (For the Love of Good), l’opera d’arte più cara del pianeta. Il teschio di Hirst è il calco di un cranio in platino rivestito da 8601 pietre preziose della gioielleria Bentley&Skinner. Un gioiello di morte frutto della incontenibile creatività post-contemporanea. L’unica cosa umana di un'opera disumana sono i denti. Tutti sani, nessuno cariato. Sulla fronte del teschio è posta una grande pietra rosa centrale, da oltre quattro milioni di sterline. La scultura anatomica di Hirst è stata venduta per la modica cifra di 100 milioni di dollari. Un poveraccio chi se ne è impossessato.
Il cranio umano di diamanti è diventata un’icona del superlusso, della luxury art e si presenta sorridente perché solo in pochi matti al mondo se la possono permettere.
“Hirst – leggiamo su Il Giornale nella corrispondenza dell’inviato Stelio Solinas - i crani li colleziona, li serigrafa, ne fa delle icone sorridenti, e non sorprende che François Pinault, il magnate e mecenate di palazzo Grassi e Punta della Dogana lo porti in palmo di mano: il ritratto di sé che preferisce è quello fattogli nel 2003 da Piotr Uklanski ed è nient’altro che una radiografia colorata della propria testa con sotto due tibie incrociate alla maniera di un vessillo corsaro. Tutto si tiene: un’arte pirata e la pirateria dell’arte, il legame funereo, ma non tragico, fra artisti e mercanti, un pirata collezionista di un cranio che è già teschio, già defunto pur essendo ancora vivo... La morte dell’arte come de profundis dell’umanità.È un revival funebre che dura da qualche decennio e dagli Skull di Andy Warhol degli anni Settanta, alle Tête de mort di Niki de Saint Phalle degli anni Ottanta, alla Body Art con scheletro incorporato di Marina Abramovich racconta sempre la stessa storia; il niente come sostituto del sacro, lo spettacolo derisorio del vuoto che ci attende, l’esorcizzare la morte facendone un’icona della vita: oggetto d’arredamento, bijoux, design”.

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